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La crisi dell’agricoltura non riguarda solo l’economia

1 dicembre 2009

Difendendo il settore primario si difende anche un sistema di valori, che è costitutivo della nostra identità e della nostra cultura

Chi legge il Quotidiano sa che abbiamo raccontato la vertenza che sta attraversando l’agricoltura pugliese e meridionale senza limitarsi a dar conto dei fatti, ma cercando di collocare la crisi dell’agricoltura in un orizzonte più vasto. La crisi presenta aspetti congiunturali (quelli legati al crollo dei prezzi) che però rinviano ad aspetti strutturali, che possono essere efficacemente affrontati  superando la logica dei “pannicelli caldi”.
Un lettore, Modestino Di Taranto, ci ha scritto alcune interessanti riflessioni sulla questione, che volentieri pubblichiamo, come utile contributo al dibattito. Di Taranto è un profondo conoscitore del mondo e dei problemi agricoli, e ci ha colpito molto un passaggio della sua nota, in cui implicitamente richiama la necessità, oltre che di tutelare il mondo agricolo e contadino non soltanto per il suo impatto economico, ma per i valori di cui è portatore. Sono valori che si vanno in effetti perdendo nella civiltà della globalizzazione, ed i cui effetti, soprattutto al Mezzogiorno, sono evidenti.
Il Mezzogiorno non ha mai vissuto, diversamente da quanto è accaduto al Nord, una industrializzazione vera e propria. Il suo sistema etico ha vissuto dunque soltanto parzialmente quella transizione che si è verificata in altre parti d’Italia.  Il rischio concreto che corriamo è di buttare via il bambino, assieme all’acqua sporca.
La riflessione di Di Taranto è preziosa anche per questo: difendendo le ragioni dell’agricoltura, difendiamo anche un pezzo tutt’altro che marginale della nostra identità. Ecco il testo della nota.
* * *
Continua a crescere l’onda del dissenso degli agricoltori di Capitanata. Il problema della mancanza di reddito a causa della crisi dei prezzi, sta spingendo con convinzione gli operatori in lotte di rivendicazioni.
A mio parere le manifestazioni porteranno al raggiungimento di scarsi risultati.
Il mondo agricolo, il Sud, prevalentemente agricolo, devono capire che bisogna combattere non battaglie, ma una guerra.
L’unica guerra da combattere è quella di imporre una politica, prima a livello locale e poi nazionale, che veda l’agricoltura interprete dei valori storici dell’attività sia dal punto di vista sociale che economici.
Queste non sono chiacchiere!
L’unica guerra da vincere è quella di imporre una politica a livello nazionale che veda tutelato il settore non assistendolo, di volta in volta come in occasione di questa crisi, ma investendo e dando stabilità (reddito ed occupazione) a quelle persone che trovano la dignità di lavorare la terra.
Siamo portati come popolo italiano a fare questo da sempre e non vedo perchè si debba continuare a snaturare il dna degli italiani con investimenti che avvantaggiano prioritariamente l’industria.
Mi hanno insegnato che nell’elaborare  un progetto bisogna elaborare  punti di forza e di debolezza. Che, spesso i punti di debolezza possono rappresentare il volano di progetti vincenti.
A mio parere l’Agricoltura che viene vista come il punto debole di un progetto, di sviluppo, Italia, deve invece calamitare l’attenzione del Governo per le opportunità che offre agli altri settori portanti dell’economia nazionale (industria, trasporti ecc..).
Anche socialmente parlando i vantaggi sarebbero enormi per quello stile di vita, da riconquistare, improntato alla semplicità e alla dedizione al lavoro con tendenziale rispetto del prossimo e di ideali religiosi.
Concludendo bene fa il coordinatore degli assessori regionali, il pugliese Stefano, a chiedere un incontro con il ministro Zaia per sollecitare l’adozione di un piano straordinario, ma bene farebbe a chiedere che questa straordinarietà diventasse ordinaria per l’agrocoltura italiana.
Modestino Di Taranto

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